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29-11-2013  | Link http://www.affaritaliani.it/fattieconti/l-antitrust-brasiliano-multa-ti291113.html Invia Invia mail ad un amico Stampa Stampa

Di Marco Scotti

C’era da aspettarselo e infatti è successo: l’antitrust brasiliano ha dichiarato che la scalata di Telefonica alla holding Telco – che di fatto rende la compagnia di tlc spagnola il primo azionista di Telecom – va sanzionata. Telecom, se non dovesse risolvere la situazione, si vedrebbe costretta a pagare una multa da oltre 6 milioni di dollari. Perché l’antitrust condanna con così grande veemenza? Perché l’azienda guidata da Cèsar Alierta, un colosso da oltre 60 miliardi di fatturato, possiede in Brasile la società Vivo, uno dei quattro grandi marchi di telefonia nello stato sudamericano insieme, tra gli altri, a Tim Brasil, di cui Telecom è azionista di riferimento. Se Telefonica dovesse compiere la propria ascesa nella ex-Sip, si troverebbe ad avere una posizione dominante, andando contro alle regole della concorrenza.

Questa è una versione, un modo per raccontare i fatti attenendosi a quanto è stato scritto e detto dalle agenzie di stampa. Ce n’è un altro, un retroscena che avrebbe del clamoroso ma che spiegherebbe la fretta con cui Marco Fossati, il patron di Findim che di Telecom Italia detiene il 5%, si è precipitato in Brasile. Secondo quanto risulta ad Affari Italiani, infatti, la mossa dell’antitrust sarebbe in realtà orchestrata da Alierta in persona, che vuole a tutti costi che Tim Brasil, uno dei concorrenti più agguerriti di Vivo e l’unico ad essere cresciuto costantemente a ritmi vertiginosi negli ultimi anni, sia venduto e poi spartito tra la sua società e le altre due rimaste, ovvero Oi (portoghese) e Claro (che fa parte del gruppo América Mòvil di proprietà di Carlos Silim, magnate messicano tra i più ricchi al mondo).

Alierta non ha fretta: sa che la sua opzione per crescere in Telco scade alla fine dell’anno ed è a conoscenza del desiderio di Mediobanca e Generali di vendere le proprie quote per sciogliere un legame che ha prodotto pochissime soddisfazioni e molte sofferenze (specie ai bilanci). Il numero uno di Telefonica è disposto a rilevare quelle quote, pagandole 1,1 euro ad azione. In cambio però pretende che Tim Brasil sia venduta. Sulla carta, per abbattere il debito; in realtà, per poter espandere le proprie quote di mercato in una terra, quella brasiliana, che continua a crescere. Mediobanca e Generali hanno una gran fretta di vendere ma non vorrebbero cedere Tim Brasil, che è l’unico asset internazionale che ancora frutta qualcosa. Ma toccherà fare due conti: se il prezzo di vendita di Tim Brasil fosse tale da abbattere il debito, compensando la mancata redditività con una più che proporzionale diminuzione delle spese per interessi, allora, a malincuore, i soci Telco potrebbero essere pronti a dare il loro via libera alla cessione. In caso contrario, però, vendere Tim Brasil sarebbe una cessione senza senso di un autentico gioiello. Ma… Ma se non venisse effettuata, Telefonica potrebbe decidere di non comprare le azioni in mano agli altri soci Telco, costringendoli così di fatto a trovare altri compratori, oggi assai difficili da reperire per una società con alto indebitamento e rating molto basso (per la precisione, “junk”).

Nel frattempo, in Italia c’è chi non ci sta: Asati, l’associazione degli azionisti di Telecom Italia che detiene circa l’1% del capitale dell’ex-Sip, non accetta che si proceda alla vendita. Anche perché, dal loro punto di vista, di modi per fare cassa ce ne sarebbero di sicuro. Su tutti, un intervento di Cassa Depositi e Prestiti che, si legge in una nota, “intervenga tramite una emissione riservata di obbligazioni convertibili Telecom Italia da trasformare successivamente in azioni della futura società della rete. Società che sotto la regia di Telecom Italia, detentrice di know how tecnologico, possa attirare investimenti da parte di Equity e Fondi e anche di avviare sinergie con altri operatori possessori di reti di telecomunicazioni”. La proposta è stata lanciata ieri durante un incontro avuto con il sottosegretario Antonio Catricalà. Potrebbe essere una soluzione percorribile. Altro che convertendo…

   
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